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Montagne russe

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Note sull'autore

Descrizione

Chi sono e a cosa devono la loro fortuna i nuovi, facoltosissimi russi che hanno colonizzato la Versilia, persuadendo non pochi abitanti a trasformarsi in emuli e lacchè?
A Forte dei Marmi possono accadere cose strane. Per esempio che un architetto cagliaritano col pallino del teatro conosca una coppia – lui nel giro mafioso dell’alluminio, lei, Vecchia Credente, aspirante attrice –, disponibile a comprargli per trentamila euro una commedia. A patto che scompaia il suo nome come autore.
Dopo l’intesa iniziale, l’architetto diventa sempre più insofferente all’accordo, mentre il mafioso accresce la propria ferocia. Poi, durante una finta gita di piacere a Stazzema, il russo lo minaccia di morte: incredulo e testardo, l’architetto escogita un sistema di rimandi nel testo che sbugiardi gli impostori il giorno della “prima”, inviandone la chiave a un giornalista australiano esperto di teatro. In questo modo firma, però, la sua condanna a morte.
La vicenda suscita l’interesse di importanti uomini dello spettacolo e della cultura, tra i quali John Cusack ed Emmanuel Carrère: nell’epilogo, all’architetto pare arridere almeno una fortuna postuma; in un determinato tipo di società, tuttavia, la morte non è che un pretesto per costruire nuovi stuzzicanti plot, dove la vittima viene sacrificata in modo seriale per il piacere dello spettatore, mentre l’interesse principale è tutto per chi ha commesso il crimine.
In un racconto sospeso tra il dramma e la pochade, tragico e divertentissimo, Pinna mette in scena le paure di quanti – lucchesi e non solo –, dopo aver speculato sulle meraviglie immobiliari del proprio paese, si sono ritrovati lo straniero in casa. Ricchissimi di soldi e di leggenda, avvolti nel mistero di rapide e incredibili fortune come di un passato di sconfinate tragedie alle spalle, questi nuovi russi rappresentano, agli occhi di una mediocrità tutta italiana, il modello mostruoso – ammirato e detestato insieme –, del nichilista titanico contemporaneo: un ospite inquietante a metà strada tra la fashion victim, ossia il consumatore ideale, e il soldato vittorioso che fa di tutto per lavarsi lo sporco dalle mani. Di fronte alla suadente minaccia di chi non crede in nulla, pur conservando una fede assoluta in sé stesso, perfino la cultura con cui il protagonista italiano, vittima dei propri miti, difende i suoi interessi confusi con valori e identità, riflette solo la parentela con l’assurdità e la violenza che da padrone di casa, a parole, vorrebbe rigettare nella Storia e nella distanza.

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